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Quanta acqua consuma l’intelligenza artificiale?

In un precedente articolo abbiamo affrontato il tema del consumo di energia dei data center e delle soluzioni per il loro efficientamento energetico. Un altro argomento di rilievo che merita un approfondimento è l’enorme impatto ambientale di tali strutture in termini di consumo di acqua, che è cresciuto significativamente con l’avvento pervasivo dell’intelligenza digitale nelle nostre vite. Uno studio del centro di ricerca Riverside dell’Università della California per la prima volta ha stimato l’impronta idrica derivante dall’esecuzione di query di IA, rivelando dati allarmanti. 

 

L’acqua, una risorsa preziosa per l’IA

Ogni giorno, miliardi di utenti interagiscono con l’IA contribuendo alla crescita di un mercato che, secondo le previsioni di PwC, aggiungerà 15.000 miliardi di dollari all’economia globale entro il 2030.
L’intelligenza artificiale rappresenta uno dei carichi di lavoro principali e in rapida espansione dei data center, che sono impegnati a lavorare h24 per elaborare calcoli utili a rispondere alle tantissime domande poste dagli utenti a servizi come ChatGPT di OpenAI o Gemini di Google.
Ne consegue un consumo significativo di risorse, compresa l’acqua: la maggior parte dei data center utilizza infatti sistemi di raffreddamento ad acqua, che hanno un’efficienza tra le 50 e le 1.000 volte superiore ai sistemi di raffreddamento ad aria.
I metodi per evitare il surriscaldamento dei server sono diversi: è possibile far entrare in contatto l’acqua con una superficie di scambio termico e farla evaporare per abbassare la temperatura dell’aria, successivamente canalizzata (metodo evaporativo o adiabatico); si possono utilizzare in alternativa torri di raffreddamento per rimuovere il calore in eccesso tramite evaporazione; un’altra soluzione, energeticamente più intensiva, prevede l’impiego di chiller e di circuiti chiusi di tubazioni in cui l’acqua circola, assorbendo il calore generato dalle apparecchiature.

 

Numeri allarmanti

Uno studio del centro di ricerca Riverside dell’Università della California, pubblicato su Nature, rivela che porre tra le venti e le cinquanta domande a ChatGPT equivale a consumare mezzo litro d’acqua; se ognuno dei 100 milioni di utenti settimanali dell’assistente virtuale scrivesse un solo comando (prompt), si consumerebbero fino a cinque milioni di litri ogni settimana.
Le big tech hanno reso noti i dati sui loro consumi: nel 2022 i colossi tech Google, Microsoft e Meta hanno consumato oltre 2 miliardi di metri cubi di acqua per il raffreddamento dei server e l’utilizzo dell’elettricità, più del doppio della Danimarca in un anno.
La situazione, alla luce dell’incessante evoluzione dell’IA e nello scenario della crescente siccità e dei problemi ambientali, è destinata a peggiorare: secondo le previsioni, che tengono conto anche dell’acqua usata indirettamente da altre fonti collegate al data center come la centrale elettrica che lo alimenta, entro il 2027 la domanda di acqua potabile da parte dell’AI sarà pari a 6,6 miliardi di metri cubi.

Dalla consapevolezza all’innovazione: urge un impegno collettivo per la sostenibilità

 

L’impronta idrica dei modelli di intelligenza artificiale deve essere affrontata come una assoluta priorità collettiva, prima che abbia un impatto irreversibile sulle forniture idriche globali.
Non mancano realtà virtuose che hanno implementato soluzioni ecologiche innovative per   rendere i loro sistemi più efficienti e ridurre il loro impatto idrico e le stesse big tech si stanno mobilitando in questo senso, impegnandosi a reintegrare entro il 2030 una quantità d’acqua superiore a quella utilizzata nelle loro attività dirette.
Avere una piena coscienza della propria impronta idrica è il primo passo per adottare soluzioni di efficientamento ed è imprescindibile adottare strumenti di misura che soddisfano elevati standard di sicurezza e affidabilità: flussimetri smart per monitorare in tempo reale i consumi di acqua, rilevatori di perdite idriche per identificare rapidamente eventuali inefficienze e minimizzare gli sprechi, sonde per l’analisi della qualità dell’acqua utili ad evitare contaminazioni potenzialmente pericolose per la sicurezza delle apparecchiature e degli operatori.
Se necessitate di queste ed altre tecnologie di misura non esitate a contattare i nostri specialisti.